Luigi quel giorno non
era andato a lavoro. Aveva fatto fatica a permettere che la luce di quel
mattino assolato e mite attraversasse il velo lacrimale che faceva da filtro
tra il mondo a lui esterno ed i suoi occhi così delicati dopo tante ore di
sonno. Beh, tante si fa per dire. Ne aveva dormite solo quattro, ma era già un
successo per lui in quel periodo in cui a stento dormiva un’ora a notte,
occupato com’era nella stesura del suo primo libro. Eh si, perché Luigi era uno
scrittore, uno scrittore in erba. Aveva impiegato anni per arrivare alla
conclusione che l’unico mezzo che aveva per poter canalizzare la sua creatività
era la scrittura. L’aver utilizzato l’aggettivo “unico” forse riduce un po’ la
possibilità di comprendere la complessità delle sue capacità. Diciamo quindi
che la scrittura era l’unico mezzo con il quale si sentiva a suo agio
nell’esprimere quel che provava, anche se aveva provato innumerevoli volte ad
utilizzare la pittura, la musica, la danza, il mimo per dar sfogo all’ansia di
comunicare che sentiva crescere di giorno in giorno oramai da anni. A
trent’anni suonati, dopo aver ignorato, messo da parte, accantonato i suoi
sogni per troppo tempo, decise di realizzarli, tutti, o almeno provarci in modo
costruttivo. Il primo obiettivo che si pose fu quindi quello della scrittura di
un libro, di un racconto, insomma di una storia che potesse permettergli di
fare i primi passi nel mondo della letteratura creata e vissuta in prima
persona. Quel giorno, però, la testa gli scoppiava. Si sentiva stordito come se
avesse bevuto, con un calore all’interno della testa che lo induceva a
lacrimare ogni qualvolta i riflessi di quel sole stranamente luminoso andavano
anche leggermente ad urtare contro i suoi deboli, delicati e doloranti occhi. Riuscì
ad alzarsi dal letto ma la testa pesante gli rendeva difficile camminare. Si
diresse in cucina nella disperata ricerca di un’aspirina per lenire il dolore
dei pensieri che gli si affollavano nella mente e che cercavano una via
d’uscita. Uscita negata dalle porte sbarrate a quelle idee in cerca di libertà:
naso otturato, voce roca, orecchie intasate e vista ancora bassa, soprattutto
poi senza occhiali.
- L’aspirina...dov’è l’aspirina?! Irene, ho
comprato una scatola di aspirina qualche settimana fa’ e non la trovo!!! -
- E’ normale, non vedi
mai nulla!! Da quando gli è preso lo schiribizzo di scrivere poi, sembra di
vivere in casa con una mummia egizia: sempre rintanato nel suo studio, immerso
nelle essenze orientali che favoriscono la concentrazione. Esce solo per andare
a lavoro e mangiare. A volte ho rischiato di morire di infarto vedendomelo
arrivare da dietro scalzo, sempre muto, con la solita tuta bianca mentre
camminava a passi lenti, trasognato, pensando a cosa scrivere nella frase
successiva. Non ne posso
più! -
- Ma Irene, cosa dici?!
Che centra l’Egitto, io sto cercando l’aspirina! -
- Luigi, se non è in
cucina di sicuro è in bagno, nel cassetto dei medicinali. -
- Ma scusa, si tratta
di compresse effervescenti che vanno sciolte in acqua, che ci fanno in bagno? È
una medicina da prendere per bocca! -
- Insomma, basta Luigi.
In cucina ci son le cose da mangiare, ho spostato tutti i farmaci in bagno! -
- Boh, non la capisco
proprio questa donna, sembra lo faccia apposta per rendere le cose più
difficili! -
Luigi era professore di letteratura inglese
in un liceo scientifico ed Irene lavorava come traduttrice freelance già da un
po’ di anni. Si erano conosciuti all’università, poi si erano persi di vista
per un po’, finché non si rincontrarono qualche anno dopo per un misterioso
gioco del destino.
La prima volta che Luigi vide Irene ne rimase
stregato. Lui era seduto in quell’aula dell’università e stava assistendo alla
lezione di inglese di uno dei professori più simpatici della facoltà. Stava
morendo dal ridere come era suo solito fare grazie al costante scambio di
battute con la sua compagna di banco e l’insegnante. Anch’egli appariva sempre
divertito dalla loro ilare partecipazione alle lezioni, cosa che dava brio e
vivacità a quelle ore che per altri apparivano come l’ingiusta pena da scontare
per chissà quali peccati commessi in una delle vite precedenti. Tra risate,
parole in inglese e schiamazzi Luigi sentì l’insolito scricchiolio della porta
nuova che si apriva. Si girò con il sorriso sulle labbra e vide entrare lei,
quella ragazza dagli occhi grandi e vispi che di colpo gli trasmisero sicurezza
ed innocenza. Aveva lo sguardo tra l’imbarazzato e il divertito, consapevole
del suo ritardo ma convinta che tutto le dovesse essere perdonato perché era semplicemente
lei. Luigi sembrava instupidito, la sua attenzione era stata calamitata da
quella giovane donna mai vista prima ma conosciuta chissà da quanto. I loro
sguardi si incrociarono e lui sentì come un calore nel ventre. Quella
sensazione si espanse all’intero suo corpo così che in qualche secondo divenne
rosso come quando si è colti da un improvviso imbarazzo.
- Luigi...Luigi...ma
non ti senti bene? Perché non rispondi? Sei tutto rosso. I’m sorry Sir, I think
Luigi isn’t feeling well. -
D’un tratto attirò
l’attenzione di tutti gli studenti. Con gli occhi già aperti ritornò in sé e
vide le teste dei presenti chine su di lui come quando da bambino le signore si
chinavano sulla culla per ammirare la bellezza di quel bimbo dalla pelle
ambrata.
- Sto bene...sto
bene...ho bisogno di un po’ d’aria!
Si alzò e si incamminò
barcollando verso l’uscita. Una volta in corridoio, appoggiando le spalle alla
parete, lentamente lasciò andare indietro la testa e tra sé e sé disse:- Ma chi
è? Cosa mi ha fatto? Mi ha stregato!!! -
- Luigi, cos’hai? Ti
senti meglio? -
- Si, grazie Maria. Non
so cosa mi sia successo, forse c’era troppo caldo in quell’aula. -
- Ciao...stai meglio
ora? - Disse Irene apparendogli dinnanzi con sguardo divertito ma preoccupato.
- Ssss...si...grazie
eh...si grazie!-
- Vabbè...io rientro
Luigi...mi sembra tu stia molto meglio ora! - Irruppe Maria guardando gli occhi
luccicanti dell’amico e riconoscendovi i sintomi dell’amore a prima vista.
- Luigi...questo è il
tuo nome...che carino, ti si addice proprio, timido come sei! Ah, il mio nome è
Irene!
Trovata l’aspirina ne
prese una compressa effervescente, lentamente la fece cadere nel bicchiere
vuoto, si diresse verso la fontana, girò la manopola, rimase qualche secondo ad
ascoltare lo scorrere dell’acqua, riempì il bicchiere ed aspettando che la
compressa si sciogliesse cominciò a guardare Irene. Era bella, bellissima in
quel vestito che le avvolgeva il corpo mettendone in evidenza le forme perfette
e sinuose. Si stava preparando per andare a prendere il loro figlioletto
all’asilo. Sentì quello stesso calore che avvertì la prima volta che la vide ed
ebbe voglia di trasformarsi in quel vestitino per avvolgerla totalmente.
Barcollando si diresse verso di lei, la abbracciò da dietro, lei si girò
lentamente, ricambiò l’abbraccio guardandolo negli occhi. Lui si immerse nella
profondità di quello sguardo così femminile, lei sentì il cuore sciogliersi nel
trovarsi invasa da quegli occhi dolci e innamorati. Gli sorrise teneramente, lo
baciò sulle labbra, gli accarezzò i capelli e gli intimò di prendere l’aspirina
e curarsi perché di lì a poco lo avrebbe voluto tutto per sé. Luigi, come al
solito rimase imbambolato e sognante. Bevve l’aspirina, si distese sul divano e
si addormentò.
- Luigi...Luigi...che
fai dormi? - Disse Irene.
- Irene...quanto sei
bella! - Disse lui aprendo gli occhi e trovandosi a due centimetri dal viso
della moglie che gli stava dando un bacetto sul naso.
- Alzati dai, sono già
qui, hanno appena citofonato. -
- Ma di chi parli
Irene? -
- Ma come, allora è
proprio vero che ad una certa età si dà di matto! Gianni, tuo figlio, con la
moglie ed il piccolo... -
- Ah...dimenticavo, è
vero, li aspettavamo. Mi sono addormentato ed ho sognato...-
- Sognare, sognare,
sognare...non fai altro che sognare caro il mio scrittore! Sogni da quando ti
conosco...la bellezza di trentacinque anni...ci vogliamo svegliare una buona
volta? -
- Ma amore, sognavo di
te! -
- E sono trentacinque
anni che con le tue risposte ingenue mi fai sciogliere il cuore...ma
sì...continua a sognare ... ed insegna a farlo anche a me, prima che sia troppo
tardi! - Disse Irene abbracciandolo, dandogli un bacio sulla bocca e due
schiaffetti affettuosi sulla guancia destra.