venerdì 6 giugno 2014

Luigi e l'aspirina

Luigi quel giorno non era andato a lavoro. Aveva fatto fatica a permettere che la luce di quel mattino assolato e mite attraversasse il velo lacrimale che faceva da filtro tra il mondo a lui esterno ed i suoi occhi così delicati dopo tante ore di sonno. Beh, tante si fa per dire. Ne aveva dormite solo quattro, ma era già un successo per lui in quel periodo in cui a stento dormiva un’ora a notte, occupato com’era nella stesura del suo primo libro. Eh si, perché Luigi era uno scrittore, uno scrittore in erba. Aveva impiegato anni per arrivare alla conclusione che l’unico mezzo che aveva per poter canalizzare la sua creatività era la scrittura. L’aver utilizzato l’aggettivo “unico” forse riduce un po’ la possibilità di comprendere la complessità delle sue capacità. Diciamo quindi che la scrittura era l’unico mezzo con il quale si sentiva a suo agio nell’esprimere quel che provava, anche se aveva provato innumerevoli volte ad utilizzare la pittura, la musica, la danza, il mimo per dar sfogo all’ansia di comunicare che sentiva crescere di giorno in giorno oramai da anni. A trent’anni suonati, dopo aver ignorato, messo da parte, accantonato i suoi sogni per troppo tempo, decise di realizzarli, tutti, o almeno provarci in modo costruttivo. Il primo obiettivo che si pose fu quindi quello della scrittura di un libro, di un racconto, insomma di una storia che potesse permettergli di fare i primi passi nel mondo della letteratura creata e vissuta in prima persona. Quel giorno, però, la testa gli scoppiava. Si sentiva stordito come se avesse bevuto, con un calore all’interno della testa che lo induceva a lacrimare ogni qualvolta i riflessi di quel sole stranamente luminoso andavano anche leggermente ad urtare contro i suoi deboli, delicati e doloranti occhi. Riuscì ad alzarsi dal letto ma la testa pesante gli rendeva difficile camminare. Si diresse in cucina nella disperata ricerca di un’aspirina per lenire il dolore dei pensieri che gli si affollavano nella mente e che cercavano una via d’uscita. Uscita negata dalle porte sbarrate a quelle idee in cerca di libertà: naso otturato, voce roca, orecchie intasate e vista ancora bassa, soprattutto poi senza occhiali.
  - L’aspirina...dov’è l’aspirina?! Irene, ho comprato una scatola di aspirina qualche settimana fa’ e non la trovo!!! -
- E’ normale, non vedi mai nulla!! Da quando gli è preso lo schiribizzo di scrivere poi, sembra di vivere in casa con una mummia egizia: sempre rintanato nel suo studio, immerso nelle essenze orientali che favoriscono la concentrazione. Esce solo per andare a lavoro e mangiare. A volte ho rischiato di morire di infarto vedendomelo arrivare da dietro scalzo, sempre muto, con la solita tuta bianca mentre camminava a passi lenti, trasognato, pensando a cosa scrivere nella frase successiva. Non ne posso
più! -
- Ma Irene, cosa dici?! Che centra l’Egitto, io sto cercando l’aspirina! -
- Luigi, se non è in cucina di sicuro è in bagno, nel cassetto dei medicinali. -
- Ma scusa, si tratta di compresse effervescenti che vanno sciolte in acqua, che ci fanno in bagno? È una medicina da prendere per bocca! -
- Insomma, basta Luigi. In cucina ci son le cose da mangiare, ho spostato tutti i farmaci in bagno! -
- Boh, non la capisco proprio questa donna, sembra lo faccia apposta per rendere le cose più difficili! -
  Luigi era professore di letteratura inglese in un liceo scientifico ed Irene lavorava come traduttrice freelance già da un po’ di anni. Si erano conosciuti all’università, poi si erano persi di vista per un po’, finché non si rincontrarono qualche anno dopo per un misterioso gioco del destino.
  La prima volta che Luigi vide Irene ne rimase stregato. Lui era seduto in quell’aula dell’università e stava assistendo alla lezione di inglese di uno dei professori più simpatici della facoltà. Stava morendo dal ridere come era suo solito fare grazie al costante scambio di battute con la sua compagna di banco e l’insegnante. Anch’egli appariva sempre divertito dalla loro ilare partecipazione alle lezioni, cosa che dava brio e vivacità a quelle ore che per altri apparivano come l’ingiusta pena da scontare per chissà quali peccati commessi in una delle vite precedenti. Tra risate, parole in inglese e schiamazzi Luigi sentì l’insolito scricchiolio della porta nuova che si apriva. Si girò con il sorriso sulle labbra e vide entrare lei, quella ragazza dagli occhi grandi e vispi che di colpo gli trasmisero sicurezza ed innocenza. Aveva lo sguardo tra l’imbarazzato e il divertito, consapevole del suo ritardo ma convinta che tutto le dovesse essere perdonato perché era semplicemente lei. Luigi sembrava instupidito, la sua attenzione era stata calamitata da quella giovane donna mai vista prima ma conosciuta chissà da quanto. I loro sguardi si incrociarono e lui sentì come un calore nel ventre. Quella sensazione si espanse all’intero suo corpo così che in qualche secondo divenne rosso come quando si è colti da un improvviso imbarazzo.
- Luigi...Luigi...ma non ti senti bene? Perché non rispondi? Sei tutto rosso. I’m sorry Sir, I think Luigi isn’t feeling well. -
D’un tratto attirò l’attenzione di tutti gli studenti. Con gli occhi già aperti ritornò in sé e vide le teste dei presenti chine su di lui come quando da bambino le signore si chinavano sulla culla per ammirare la bellezza di quel bimbo dalla pelle ambrata.
- Sto bene...sto bene...ho bisogno di un po’ d’aria!
Si alzò e si incamminò barcollando verso l’uscita. Una volta in corridoio, appoggiando le spalle alla parete, lentamente lasciò andare indietro la testa e tra sé e sé disse:- Ma chi è? Cosa mi ha fatto? Mi ha stregato!!! -
- Luigi, cos’hai? Ti senti meglio? -
- Si, grazie Maria. Non so cosa mi sia successo, forse c’era troppo caldo in quell’aula. -
- Ciao...stai meglio ora? - Disse Irene apparendogli dinnanzi con sguardo divertito ma preoccupato.
- Ssss...si...grazie eh...si grazie!-
- Vabbè...io rientro Luigi...mi sembra tu stia molto meglio ora! - Irruppe Maria guardando gli occhi luccicanti dell’amico e riconoscendovi i sintomi dell’amore a prima vista.
- Luigi...questo è il tuo nome...che carino, ti si addice proprio, timido come sei! Ah, il mio nome è Irene!
Trovata l’aspirina ne prese una compressa effervescente, lentamente la fece cadere nel bicchiere vuoto, si diresse verso la fontana, girò la manopola, rimase qualche secondo ad ascoltare lo scorrere dell’acqua, riempì il bicchiere ed aspettando che la compressa si sciogliesse cominciò a guardare Irene. Era bella, bellissima in quel vestito che le avvolgeva il corpo mettendone in evidenza le forme perfette e sinuose. Si stava preparando per andare a prendere il loro figlioletto all’asilo. Sentì quello stesso calore che avvertì la prima volta che la vide ed ebbe voglia di trasformarsi in quel vestitino per avvolgerla totalmente. Barcollando si diresse verso di lei, la abbracciò da dietro, lei si girò lentamente, ricambiò l’abbraccio guardandolo negli occhi. Lui si immerse nella profondità di quello sguardo così femminile, lei sentì il cuore sciogliersi nel trovarsi invasa da quegli occhi dolci e innamorati. Gli sorrise teneramente, lo baciò sulle labbra, gli accarezzò i capelli e gli intimò di prendere l’aspirina e curarsi perché di lì a poco lo avrebbe voluto tutto per sé. Luigi, come al solito rimase imbambolato e sognante. Bevve l’aspirina, si distese sul divano e si addormentò.
- Luigi...Luigi...che fai dormi? - Disse Irene.
- Irene...quanto sei bella! - Disse lui aprendo gli occhi e trovandosi a due centimetri dal viso della moglie che gli stava dando un bacetto sul naso.
- Alzati dai, sono già qui, hanno appena citofonato. -
- Ma di chi parli Irene? -
- Ma come, allora è proprio vero che ad una certa età si dà di matto! Gianni, tuo figlio, con la moglie ed il piccolo... -
- Ah...dimenticavo, è vero, li aspettavamo. Mi sono addormentato ed ho sognato...-
- Sognare, sognare, sognare...non fai altro che sognare caro il mio scrittore! Sogni da quando ti conosco...la bellezza di trentacinque anni...ci vogliamo svegliare una buona volta? -
- Ma amore, sognavo di te! -

- E sono trentacinque anni che con le tue risposte ingenue mi fai sciogliere il cuore...ma sì...continua a sognare ... ed insegna a farlo anche a me, prima che sia troppo tardi! - Disse Irene abbracciandolo, dandogli un bacio sulla bocca e due schiaffetti affettuosi sulla guancia destra.

Nessun commento:

Posta un commento